Spotify:Torrent=ETF:Bitcoin
le implicazioni dell'ETF su Bitcoin alle quali non avevi pensato; bitcoin è spacciato?
L’autunno 2023 è stato caratterizzato da una certa euforia nei mercati: trader e speculatori di breve termine sono stati risvegliati dal torpore a causa dei rumor sull’ imminente approvazione di un ETF spot su bitcoin, che si presume dovrebbe portare investitori istituzionali e i loro dollari sull’asset digitale. Ma un bitcoiner che ne avesse davvero sposato la filosofia, avrebbe forse più motivi di temerlo, che di auspicarlo, vediamo perché.
Torrent e Bitcoin hanno molto in comune. Sia Torrent che Bitcoin operano su reti decentralizzate. I Torrent utilizzano la tecnologia peer-to-peer (P2P) per la condivisione di file, mentre Bitcoin si basa su una rete P2P per le transazioni e la gestione del valore. Entrambi si affidano a una rete di computer (peer) per funzionare, senza un'autorità centrale che li governi. In entrambi i casi, ogni partecipante contribuisce alla rete, sia condividendo file (Torrent) sia convalidando transazioni (Bitcoin). Entrambi offrono un certo grado di anonimato, sebbene questa caratteristica sia più pronunciata in Bitcoin. Eticamente parlando, entrambi sono vettori di libertà nonché frutti del libero mercato, ed entrambi sono pionieri nel loro campo, utilizzando la tecnologia P2P per offrire soluzioni decentralizzate che hanno sfidato le strutture tradizionali, risolvendo un problema che i loro predecessori avevano tentato di risolvere fallendo, Napster prima di Torrent, B.-Money, Bit Gold, Hashcash, Digicash ed E-gold prima di bitcoin.
BitTorrent ed eMule hanno avuto il loro picco di utilizzo tra fine anni ‘90 ed inizio anni 2000, mentre il loro declino , avvenuto in particolare dal 2003 al 2010, è stato segnato senza ombra di dubbio dalla nascita di iTunes, che pur semplificando l’accesso alla musica manteneva costi elevati e consentiva solo l’acquisto dei brani, conservando un certo incentivo economico all’uso di Torrent, ma ancor di più dei servizi di streaming in abbonamento, in particolare Spotify nel 2008, che ha segnato un confine netto, stabilendo un nuovo bilancio tra spesa, con un costo molto contenuto che dava accesso ad un catalogo musicale sterminato, e lo sforzo richiesto all’utente di installare, capire e usare i servizi Torrent. A differenza di Napster, chiuso definitivamente per vie legali nel 2001, le autorità non sono mai riuscite a fermare i vari Torrent, che continuano ed esistere e funzionare proprio proprio per merito della loro natura distribuita e p2p comune a bitcoin, ma semplicemente oggi la maggior parte degli utenti ritiene preferibile pagare un piccolo abbonamento per un servizio di streaming piuttosto che usare un sistema meno user friendly come Torrent, che resta ancora la scelta preferita di una più ristretta cerchia di utenti tecnologicamente istruiti e smaliziati, sopratutto orientati alla protezione privacy e anonimato.
Inizierai a capire quindi l’analogia tra Spotify ed ETF prendendo in considerazione i vantaggi di quest’ultimo rispetto all’asset nativo, guardandolo dal punto di vista di un investitore professionale o del piccolo retail distante dal pensiero anarchico e cypherpunk.
Vedendo bitcoin solo come un asset, questo avrà interesse esclusivamente nel suo prezzo.
Non interessandosi all’aspetto rivoluzionario, all’incensurabilità e alla sovranità monetaria, il soggetto medio non avrà alcun interesse a possedere e controllare veri bitcoin.
L’investitore desidera poter compensare minusvalenze e plusvalenze con altri asset, cosa che può fare solo con uno strumento finanziario classico.
Desidera poter utilizzare un broker che faccia da sostituto d’imposta per non aver a che fare con fiscalità incerta, possibilmente lo stesso che già utilizza abitualmente per i suoi investimenti, così da minimizzare lo sforzo.
Non vuole rischiare la propria incolumità custodendo asset potenzialmente inrintracciabili una volta estorti sotto minaccia.
così come non desidera nemmeno preoccuparsi di creare un wallet, gestire chiavi private e occuparsi della custodia diretta, e di certo non vuole affidarsi a exchange a rischio hacking e scam.
Un altro tema da non sottovalutare è che, col passare del tempo, i grossi player istituzionali che premono per farsi approvare il proprio ETF, stanno spianandosi la strada eliminando uno ad uno i concorrenti mettendoli alle strette dal punto di vista legale. Presto tutti i player di mercato leader del settore saranno messi fuori gioco, come accaduto recentemente a Binance, se non si mettono prima fuori gioco da soli come FTX. Quelli che resteranno saranno irrilevanti o illegali, ciò potrebbe comportare un problema di illiquidità dell’asset nativo, sopratutto qualora occorresse liquidarne quantità sostanziose, cosa che gli ETF risolveranno prontamente.
E così che l’ETF, esattamente come Spotify con la musica, renderà bitcoin più facile, accessibile, liquido e regolamentato, ma sopratutto innocuo. Resisi conto che bitcoin non si poteva fermare né combattere, appurato che, prima che se ne rendessero conto, questo era già entrato ovunque in finanza come in borsa e nell’economia reale, e che renderlo semplicemente illegale sarebbe stato impossibile, hanno cambiato strategia. L’ETF lo legittimerà come asset perché la finanza possa entrarvi, ma allo stesso tempo, rendendolo facile come Spotify, farà in modo di toglierlo dalle mani dell’utente medio, che volontariamente opterà per la soluzione più comoda, nonché economicamente vantaggiosa, sia per la compensazione delle plus e minusvalenze per esempio, ma in generale anche per commissioni d’acquisto molto più basse di un ETF rispetto a quelle che oggi si registrano su exchange e piattaforme di scambio.
Se l’investitore godrà di tutto questo, il bitcoiner, l’anarchico libertario, il cypherpunk e l’appassionato tecnologico, vedranno bitcoin epurato della sua parte rivoluzionaria, che resterà appannaggio di quella stessa nicchia che oggi si rivolge ancora a Torrent: i soggetti di cui sopra.
Ma come tra gli utenti di Torrent ci sono persone che lo usano come strumento di libertà invece che come mero strumento per aggirare i diritti d’autore e non pagare un centesimo per la musica, per esempio chi è alla ricerca di un libro vietato nella sua regione, o bandito dal regolatore perché scomodo per la narrativa di turno, Bitcoin continuerà ad assolvere a questa stessa funzione: strumento di libertà. Con l’avvento delle CBDC e di una probabile escalation della sorveglianza fiscale e forse di un sistema di credito sociale, bitcoin diventerà sempre più importante per l’Individuo Sovrano, che però non avrà vita facile, dato che probabilmente bitcoin sarà relegato per un certo periodo al mercato nero quando utilizzato come sistema di pagamento.
Nonostante questo, avrà probabilmente giovato, in termine di prezzo, dall’avvento dei grandi capitali. Dopo aver ripulito e regolamentato gli exchange, il sistema dichiarerà presto guerra ai wallet non custodial, alle transazioni p2p e ai modelli di business come Bitrefill, almeno fino a quando i volumi di scambi registrati di bitcoin non saranno al di sotto di una soglia tale da essere ritenuto sufficientemente innocuo, essendo impossibili da fermare, esattamente come Torrent oggi per la musica e i film. Nulla di tutto ciò che i governi tenteranno avrà ovviamente il minimo impatto sul protocollo, che continuerà a imperterrito a scrivere un nuovo blocco ogni dieci minuti, anche nell’improbabile caso tutte le nazioni si mettano improvvisamente d’accordo per vietare il mining ovunque, semplicemente perché la comunità tornerebbe al micromining distribuito, impossibile da fermare, rafforzando ancor più il network, nonostante l’hashrate totale scenderebbe una volta tolti di mezzo i big player.
Ma ad un certo punto il sistema fiat e le CBDC supereranno il confine di sopportazione di un numero sufficientemente elevato di persone anche dei paesi del primo mondo: potrebbe essere un controllo troppo oppressivo, che impedisca ai cittadini di spendere come e per ciò che desiderano ( vedi carbon score e moneta programmabile ) oppure un crollo di fiducia in seguito ad iperinflazione, allora bitcoin tornerà ad essere visto per quel che è realmente: un sistema monetario alfiere di libertà assolutamente necessario per l’umanità intera, e l’adozione esploderà in modo inversamente proporzionale alla fiducia nei governi. E’ proprio a questo punto che il cittadino si renderà conto che il suo ETF Bitcoin è perfettamente inutile, e che avrebbe fatto bene a custodire veri btc… troppo tardi.
E’ necessario capire che l’adozione dei commercianti, che oggi si ritiene superflua perché molti ritengono bitcoin solo uno strumento di risparmio da non spendere mai, un giorno sarà fondamentale, e va costruita prima.
Nelle fasi storiche di maggior repressione delle transazioni p2p, ( che fidatevi, arriveranno e coincideranno con l’ espansione degli ETF ) e prima che bitcoin diventi davvero una necessità anche nel primo mondo sdoganandolo definitivamente, potrebbe diventare davvero complicato spenderlo. Ipotizziamo che nel 2030 un bitcoiner abbia praticamente tutto il suo capitale in btc. Ipotizziamo che le cbdc siano ormai una realtà, il contante ovviamente verrà ritirato con la scusa che ormai sarà divenuto irrilevante, dato che la stragrande maggioranza delle persone avrà liberamente optato per la versione elettronica della banca centrale attirati dalla sua comodità: “tutta la tua vita in una sola app”! Troppo allettante, no?
Ipotizziamo infine che il portafoglio unico digitale europeo sia ora operativo, il codice qr per il pagamento non includerà soltanto l’importo della transazione, ma anche l’identificazione del commerciante, dell’acquirente e della merce o servizio, rendendo anche obsoleto lo scontrino, dato che tutte le informazione sulla e transazione, e quindi sulla tassazione, saranno state raccolte digitalmente. Il dover mostrare la propria identità digitale potrebbe essere ora un prerequisito per qualsiasi acquisto, che non potrà essere regolato se non tramite un pagamento fiat elettronico.
In questo scenario, se le comunità bitcoin non avranno precedentemente diffuso consapevolezza nella propria area, creandosi e garantendosi una cerchia di commercianti illuminati interessati ad accettare e a loro volta spendere sats in nero, esattamente come ora il parrucchieri di fiducia viene pagato in contanti e non rilascia scontrino per difendersi dall’aggressione statale, sarà davvero difficile conservare la propria libertà e privacy finanziaria. Ovviamente tutto ciò richiede che non solo la cultura di Bitcoin venga diffusa, ma anche il pensiero anarco capitalista per far sì che più persone possibili vengano risvegliate dalla più pericolosa delle superstizioni: lo Stato.
Un giorno chiunque comprenderà che bitcoin e pensiero libertario sono inscindibili, così come un giorno molte persone si pentiranno di aver scelto un ETF invece che la custodia personale.
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Oppure Fammelo sapere sapere con pochi sats, se poi sono tanti non mi offendo ;-)
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Bell'articolo! L'ETF sarà come Spotify è stato per Torrent per coloro che lo cercano per il solo aspetto "speculativo". Vedo questa dinamica abbastanza scorrelata (o se è correlata forse lo è in positivo, dato che potrebbe incuriosire qualche persona in più ad approfondire, facendogli scoprire gli aspetti più rivoluzionari) alla descrizione della seconda parte dell'articolo, ossia alla diffusione con l'utilizzo per cui è nato, la cui avanzata sarà guidata in ogni caso dalla necessità per la maggior parte.